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IL  disturbo

Il Disturbo era intorno a loro. Negli altri. Dentro di loro. Suoni rivestiti di parole esili ed intense, talvolta prepotenti. Lamenti di estrema bellezza e delicatezza, incantevoli per uno stato d’animo sensibile ma tuttavia orribilmente laceranti. Il loro era un disagio disadattivo e deviante. Era una sofferenza emotiva. E nei confini soggettivi, condizionati dall’evoluzione e dalla riflessione delle pressioni ambientali, dall’intolleranza della società rispetto ai loro comportamenti, si sentivano ai margini della collettività. Ma erano davvero malati? Anime fragili assorbite da momenti assordanti. O semplicemente persone che nella loro stranezza rinchiudevano la loro unicità? Ogni attimo si forma, finisce, scompare, si ricompone in un istante nuovo che si fa, che si forma e si piega e si collega al segmento che si annuncia. E proprio qui, nell’imprevisto d’una infinita perfezione caotica, essi toglievano il disturbo.
Non agli altri. Da loro stessi.

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ombra

"E’ una pittura impetuosa quella di Cristina Barbieri. Energiche pennellate sulla tela e Cristina, per sua stessa ammissione, si riconosce in questa energia. L’artista non sbriglia totalmente il suo pennello, non si abbandona alla sola materia e al solo gesto. Ecco apparire sulla tela della Barbieri volti, volti ritorti e distorti, accesi dal colore che tanto fanno pensare al magistero coloristico di Francis Bacon e Graham Sutherland. Le facce, che sono rese dalla pittrice con poche ma decisive pennellate, ci raccontano il mondo del disagio psichico, della turbolenza, del “Disturbo”, titolo quest’ultimo che è in seno ad una serie di opere prodotte dalla stessa artista che raccontano l’emarginazione di persone che escono dai canoni di ciò che la società stabilisce essere la normalità. Barbieri esce dal ritratto comunemente inteso come realismo e ci racconta le pulsioni che albergano in noi, quell’Africa interiore che nessuno vuole davvero incontrare. Quella galassia sepolta che cerchiamo di occultare guidati dalle convenzioni sociali. Cristina, insomma, ci guida attraverso la nostra parte in ombra. Lo psicologo Carl Gustav Jung una volta disse “Ognuno di noi è seguito da un’ombra. Meno questa è incorporata nella vita conscia dell’individuo tanto più è nera e densa”. Ora starà allo spettatore voler discorrere con la propria parte oscura, the dark side of the moon. Cristina, senza infingimenti, attraverso la sua arte fa emergere i lati dissonanti del sé, con i quali è meglio dialogare se non ci si vuole abbandonare perdutamente alla follia, bloccandoli su quella superfice bidimensionale che è il quadro. Paul Valery diceva che “Il compito dell’artista non è mostrare ciò che si vede ma ciò che si vedrà” e Barbieri usa il pennello come se fosse un bisturi, artista ma anche archeologa, che sulla tela fa affiorare ciò che è rimosso, in qualche modo sepolto, distante. Anche la follia fa parte del nostro mondo, è parte di ciò che sfugge ad ogni tipo di confinamento e definizione ma l’arte riesce a mostrare questo fuoco nero che comunque arde e che dobbiamo far parlare. L’arte serve a questo, ad incontrare una catarsi, quella purificazione di cui parlavano gli antichi, una volta incontrato l’abisso".

Dott. Michele Medici

Storico dell'Arte

Reggio Emilia

24.05.2021

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